Se la Natura ha un effetto cruciale sul nostro benessere, perchè non dovrebbe farlo anche una sua simulazione digitale e virtuale? In effetti, la scienza ha scoperto che è così: i benefici non decadono passando da reale e virtuale.
Come promesso, troverete la traduzione italiana dell’articolo pubblicato una settimana fa e relativo alla mia intervista sul Washington Post e che vi avevo riproposto in formato originale.
Grazie alla Dott.ssa Elena Gianotti con cui sto lavorando all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, abbiamo ora anche la traduzione dell’articolo nell’ottica di una divulgazione scientifica più democratica possibile.
Di seguito ecco il link all’articolo originale: https://www.washingtonpost.com/video-games/2020/04/28/can-virtual-nature-be-good-substitute-great-outdoors-science-says-yes/?fbclid=IwAR13qq_e8Xndj7hvGOhUuYkljwwCGwhz1BDdMJQk-yS_TtkYwchi-VyNAG0
Qui trovate la traduzione.
La natura virtuale può sostituire i grandi spazi aperti reali? La scienza è d’accordo
Intervista del Washington Post di Lewis Gordon agli esperti di Realtà Virtuale (VR) e VR Naturalistica
Tra il 1972 e il 1981 Roger Ulrich studiò le registrazioni di 46 pazienti che si stavano riprendendo da un intervento chirurgico alla cistifellea. Le stanze dei pazienti su un lato dell’ospedale si affacciavano su alberi a foglie decidue. Le altre davano su un muro di mattoni. Ulrich, che credeva che la vista su un albero di pino avesse aiutato il suo recupero da una malattia renale avuta in adolescenza, voleva scoprire se i pazienti con una finestra affacciata su uno scenario naturale avrebbero goduto di maggiori benefici curativi rispetto a quelli senza. I risultati parlano da soli – e hanno continuato a influenzare una generazione di ricerche sulla natura. I pazienti che potevano vedere l’albero hanno goduto di soggiorni post-operatori più brevi, hanno avuto meno valutazioni negative dagli infermieri, hanno preso una dose di analgesici inferiore, e avevano punteggi leggermente più bassi per le complicanze post-chirurgiche minori. Anche da lontano, la flora terrestre ha avuto un profondo impatto sui pazienti.
Piccoli momenti di tranquillità, come il vento che fruscia attraverso gli alberi, panorami accessibili solo dalle cime delle montagne..Meno persone stanno vivendo questi eventi rispetto al passato. Ma a quanto pare, fare un bagno nella foresta in un luogo stimolante come nel gioco “Red Dead Redemption 2” potrebbe influenzare il nostro cervello in modi simili alla natura reale. Secondo i ricercatori di tutto il mondo, la natura virtuale potrebbe fornire benefici psicologici e fisiologici paragonabili a quella reale.
Il Covid-19 ha costretto molti a stare al chiuso, e anche prima, tendenze a lungo termine come l’urbanizzazione e l’informatizzazione avevano profondamente modificato il rapporto dell’umanità con i grandi spazi aperti. Ora, la ricerca in corso sta cercando di capire esattamente cosa ci stiamo perdendo e come potremmo accedere alla natura da remoto usando i videogiochi e la tecnologia VR.
L’affascinante qualità della natura
A ventinove anni dall’esperimento dell’ospedale di Ulrich, una piccolo team del Dipartimento di Psicologia dell’Università canadese di Waterloo ha scoperto che l’esposizione a una foresta virtuale era in grado di ridurre lo stress. Il bosco virtuale è stato creato utilizzando uno strumento del 2006 Elder Scrolls IV: Oblivion, un gioco di ruolo di successo pubblicato quattro anni prima. I partecipanti avevano libero sfogo in un ambiente di 1.600 metri quadrati pieno di fogliame e fronde rappresentate dettagliatamente. Non sono venuti in contatto con odori gelidi o micro-batteri che si agitano, fenomeni che portano benefici per alleviare lo stress nel mondo reale. Tuttavia, i partecipanti hanno provato di un senso di relax nella foresta poligonale. Le emozioni positive sono aumentate mentre i segni rivelatori di ansia – frequenza cardiaca e conduttanza cutanea – sono diminuiti.
Molti articoli scritti da team di ricerca di tutto il mondo hanno registrato risultati simili. A Taiwan, alcuni ricercatori hanno testato scene VR dell’idilliaca foresta nazionale di Aowanda rispetto ai frenetici paesaggi urbani di Taipei, rilevando una riduzione di sentimenti negativi come confusione, affaticamento, rabbia e ostilità, tensione e depressione. (“La tecnologia VR può servire come modo alternativo per accedere agli ambienti naturali utile al recupero“, hanno scritto.) Ricercatori svizzeri, nel frattempo, hanno rilevato un abbassamento della frequenza respiratoria e della pressione arteriosa nei soggetti esposti alla natura VR in un ambiente di terapia intensiva.
Alex Smalley, leader del progetto Virtual Nature, che esplora come le esperienze digitali del mondo naturale possano influire sulla salute e sul benessere, afferma che ci sono due teorie che potrebbero spiegare gli effetti positivi della natura digitale. Il primo è il concetto di biofilia di Edward O. Wilson, che ipotizza che nel corso di milioni di anni gli esseri umani abbiano sviluppato preferenze evolutive per ambienti lussureggianti e abbondanti, in quanto offrono uno spazio per riprendersi dallo stress e dalla fatica. Poi vi è la teoria della Rigenerazione dell’Attenzione, sviluppata da Rachel e Stephen Kaplan negli anni ’80, che suggerisce che la qualità ipnotizzante della natura, a cui si può prestare attenzione senza un significativo sforzo cognitivo, ci consente di recuperare e ristorarci dalla vita moderna che attira la nostra attenzione provocandone spesso una iperstimolazione. “Scene naturali ricche e verdeggianti offrono questa idea di dolce fascino“, afferma Smalley, riferendosi alla Teoria della Rigenerazione dell’Attenzione. “Se sono seduto vicino a un lago e l’acqua si increspa lentamente, questo mi tiene fisso lo sguardo. Non sto analizzando le increspature, ma esse permettono al mio cervello di andare in uno stato di rilassamento, cosa che fa sì che al mio cervello venga imposto di concentrarsi per ricostituirsi“. Fondamentalmente, possiamo sperimentare questi effetti non solo attraverso la natura reale, ma anche da remoto attraverso rappresentazioni digitali e video. Chiunque abbia sperimentato l’erba delicatamente svolazzante in “The Legend of Zelda: Breath of the Wild del 2017” potrà testimoniare la sua qualità ipnotica e calmante.
Le applicazioni cliniche sono molteplici. Smalley immagina dosi prescritte di natura virtuale per coloro che potrebbero avere difficoltà ad accedere fisicamente all’aria aperta, sia per i pazienti ospedalizzati che si stanno riprendendo da un importante intervento chirurgico, sia per quelli immunodepressi, o per gli anziani nelle case di cura. “La nostra situazione attuale, vivendo tutti uno stato elevato di ansia data dall’impossibilità ad uscire di casa, imita in realtà queste condizioni molto ampiamente per la maggior parte della popolazione“, dice.
Tuttavia, Matthew Browning, Assistant Professor presso il Dipartimento Parchi, Ricreazione e Turismo dell’Università di Clemson e direttore del laboratorio di Realtà Virtuale e Natura, avverte che la natura virtuale può solo simulare i componenti audiovisivi della natura. Alberi, piante e altra vegetazione fisica offrono una miriade di benefici, dall’assorbimento di inquinanti atmosferici e del rumore alla secrezione di sostanze chimiche note come fitoncidi che rafforzano il nostro sistema immunitario.
Browning ritiene che le nostre risposte psicologiche alla natura non siano necessariamente innate ma si sviluppino attraverso l’esperienza personale. Come ex ranger del parco nazionale e statale nello sterile paesaggio dello Utah, ha sviluppato una passione per i deserti. Altri, tuttavia, compresa sua moglie, non provano sentimenti così positivi. “La mia teoria è che ci sono questi periodi di transizione nella nostra vita in cui acquisiamo familiarità con i paesaggi naturali e vi mostriamo un attaccamento“, dice. “E questi periodi guidano le nostre preferenze più avanti nella vita.”
Questo è importante perché le reazioni alla natura virtuale probabilmente si basano in modo analogo sulla nostra situazione personale. La ricerca di Browning mette alla prova gli effetti della natura virtuale trasmessi attraverso i video in un visore VR. Più la dose della natura virtuale è su misura, secondo la logica, e più efficace è la terapia. Browning spera che ulteriori ricerche possano dirigersi verso esperienze iper-specifiche, con l’obiettivo che il personale medico possa catturare lo specifico ambiente familiare e confortante da somministrare usando i video. I risultati, dice, potrebbero essere “enormi per l’esperienza del paziente”.
Paesaggi digitali sublimi
La maggior parte delle persone isolate durante la pandemia Covid-19 non avrà accesso ad una natura virtuale concentrata e pronta, da laboratorio. Ma, all’interno dei paesaggi di giochi come Horizon Zero Dawn, ci sono tratti di infinita bellezza ecologica. Gli studi degli sviluppatori hanno creato riproduzioni quasi fotorealistiche della natura, simulando non solo i suoi dettagli più minuziosi ma anche i fenomeni più grandi come imponenti sequoie, valli ondulate e vasti cieli pieni di stelle. Fondamentalmente, tali ambienti spesso infondono lo stesso senso di meraviglia che proviamo all’esterno.
Secondo Alice Chirico, Assegnista presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, esperienze in grado di ispirare il sublime, un’emozione che unisce meraviglia e soggezione, svolgono un ruolo vitale nello stimolare la salute mentale positiva. “Si tratta di un’emozione trascendente. Accade quando sei così sopraffatto dalla vastità di ciò che stai vedendo, da sentirti piccolo”, dice. “Questa diminuzione del sé non è solo un modo per sentirsi annientati, è un modo per trovare il proprio posto nell’universo. In questo modo, ti senti anche più connesso”.
Questo concetto, che potrebbe sembrare new age, è supportato da diverse scoperte in psicologia e nelle neuroscienze. L’esperienza di sublime coinvolge il sistema nervoso parasimpatico che ci aiuta a rilassarci, al contrario del sistema nervoso simpatico – responsabile delle risposte di “lotta o fuga” e rilascio di adrenalina e cortisolo. Il Sublime può anche svolgere un ruolo importante nel ripristino dell’attenzione, offrendoci l’opportunità di riposare la nostra attenzione focalizzata man mano che l’attenzione involontaria prende il suo posto.
Negli ultimi dieci anni, videogiochi di successo come Death Stranding hanno iniziato ad abbracciare l’interazione, che va oltre il combattimento spesso pervasivo dei loro antenati. In particolare, le modalità fotografiche – la capacità di scattare foto nel gioco come potremmo fare nel mondo reale – stanno trasformando questi siti in spazi più silenziosi e più contemplativi, allineandoli senza dubbio con una tradizione che si estende ben oltre il computer. Smalley guarda ai giardini pensili di Babilonia, alle tradizioni monastiche incentrate sul riposo e sul recupero nel verde e agli artisti pittoreschi che hanno probabilmente cominciato a formalizzare il modo in cui percepiamo la natura. “Queste idee esistono da molto tempo”, afferma. Ora, durante il blocco della pandemia, i giocatori potrebbero cercare sempre più la natura nei videogiochi: l’incarnazione scintillante del ventunesimo secolo di tradizioni così durature.